A Venezia il Teatro La Fenice prosegue il suo fascinoso viaggio alla riscoperta del Vivaldi operista presentando un nuovo allestimento de La Griselda, opera in tre atti del Prete Rosso basata su un libretto di Apostolo Zeno aggiornato da Carlo Goldoni, rappresentata per la prima volta il 18 maggio 1735 al Teatro San Samuele della città lagunare. Quarto titolo vivaldiano proposto da La Fenice in continuità con Orlando furioso (2018), Dorilla in Tempe (2019) e il più recente Farnace (2021), La Griselda, legata anche al nome di Goldoni, è un ulteriore omaggio – dopo il debutto delle Baruffe di Giorgio Battistelli – che il Teatro tributa alla città di Venezia nelle celebrazioni per i 1600 anni dalla sua fondazione. Il nuovo allestimento de La Griselda – in scena al Teatro Malibran di Venezia nei giorni 29 aprile, 3, 5, 7, 8 maggio 2022 – si avvale della direzione musicale di Diego Fasolis, con la regia, scene e costumi firmati da Gianluca Falaschi, e il light design curato da Alessandro Carletti e Fabio Barettin. Il cast è formato da Jorge Navarro Colorado nel ruolo di Gualtiero, Ann Hallenberg nel ruolo eponimo, Michela Antenucci, Costanza; Antonio Giovannini, Roberto; Kangmin Justin Kim, Ottone; infine Rosa Bove vestirà i panni en travesti di Corrado. Alessandro Bortolozzo e Damiano Paccagella saranno gli interpreti dei personaggi muti di Everardo e Griselda. Sul palcoscenico si muoveranno anche i mimi Carlotta Pircher e Andrea Pizzalis. La drammaturgia dello spettacolo è di Mattia Palma. La partitura sarà eseguita sulla base dell’edizione critica curata da Alessandro Borin e Marco Bizzarini dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi – Fondazione Giorgio Cini di Venezia e Casa Ricordi di Milano. Antonio Vivaldi scrisse La Griselda nel 1735 e fu con questo titolo che la sera del 18 maggio debuttò nel Teatro Grimani di San Samuele dopo venticinque anni di assiduo impegno per il concorrente Teatro Sant’Angelo. Ed è probabile che a proporre a Vivaldi una nuova opera musicale su questo tema sia stato proprio Michele Grimani, potente esponente di una delle famiglie patrizie più implicate nella produzione teatrale veneziana. Il soggetto dell’opera deriva dal racconto medievale della paziente Griselda, narrato tra gli altri anche da Boccaccio, nella novella che significativamente chiude il Decameron come esempio di costanza femminile messa alla prova attraverso le prove più crudeli. In essa Griselda, fanciulla di umili natali, va sposa al nobile Gualtieri, che la sottopone a sempre nuove dure prove per testarne la pazienza e soprattutto la fedeltà: finge di aver mandato a morte la primogenita, in realtà spedita a Bologna per essere cresciuta da una parente, e lo stesso fa anni dopo con il figlio maschio. Non contento, rinfacciandole le sue povere origini, la ripudia in favore di una giovane bolognese. La donna accetta senza batter ciglio le decisioni del proprio sposo, che soltanto alla fine, appagato dalla sua totale obbedienza, le svela il suo inganno: la novella sposa non è che la figlia allontanata ancora in fasce, che è tornata a casa insieme al fratellino, e tutte quelle invenzioni crudeli sono servite solamente a saggiare la sua virtù. Il libretto di Zeno attinge a piene mani dal Decameron, spostando però l’ambientazione dalla piemontese Saluzzo alla Sicilia e aggiungendo – anche sulla scorta di altre fonti – due figure fondamentali come Ottone, cavaliere innamorato di Griselda, e Roberto, che costituisce con Costanza (finta promessa sposa e vera figlia) la seconda coppia amorosa. «Dal punto di vista teatrale – ha dichiarato Gianluca Falaschi, regista, scenografo e costumista dell’allestimento – questo soggetto porta con sé il peso difficile di tutta la sua valenza moralistica. A una prima lettura ci si trova di fronte a un’estremizzazione di posizioni di matrice cattolica, di stampo patriarcale e di sottomissione alla figura maschile. Ma all’interno di questa costruzione drammaturgica, si percepisce nello sviluppo dei personaggi maschili uno scatto di coscienza verso (e non solo contro) la femminilità oppressa rappresentata dalla protagonista. Per questo ho voluto immaginare un lavoro proiettato su una contemporaneità delle relazioni tra i personaggi: perché ci riguarda tutti, oggi come ieri. Non vorrei mettere in scena solamente il sacrificio di Griselda, la cui pazienza sembrerebbe sfiorare la santità: mi interessa piuttosto la mascolinità tossica, la descrizione di rapporti malsani, di dipendenze, di dinamiche familiari e sociali che conducono all’accettazione di un’esistenza di sopruso come unica possibilità. Perché la famiglia e la società il più delle volte impongono regole vessative come se fossero dovute e incontestabili. Secondo me tanto Goldoni quanto soprattutto Vivaldi, anche per ragioni personali (senza entrare troppo nel biografismo, cui non sono interessato), sentivano la crisi di quel sistema coercitivo nei confronti del genere femminile. Credo che entrambi fossero coscienti che il soggetto rappresentasse uno spartiacque tra ciò che poco prima sembrava immutabile e ciò che invece sarebbe stato messo in crisi di lì a poco. Stiamo parlando ovviamente di una crisi non definitiva, dato che quello stesso sistema sta ancora oggi alla base delle dinamiche di moltissime relazioni». Diego Fasolis, uno degli esegeti vivaldiani più noti a livello internazionale, dirige La Griselda dopo molti altri titoli presentati a Venezia negli ultimi anni: «Antonio Vivaldi è un operista straordinario che proviene dalle miglior tradizione non solo veneziana ma ‘italiana’. Perfetta comprensione degli equilibri e della fantasia che la commedia dell’arte richiede; musica scritta in maniera che sembra semplice ma è destinata a grandi artisti che da quel canovaccio ricavano la potenza che è suggerita. Dove le straordinarie opere barocche di Händel sono di sicuro effetto alla ‘semplice’ esecuzione, quelle di Vivaldi hanno bisogno di interpreti che ne conoscano il linguaggio e lo sappiano riproporre guardando molto oltre. Vivaldi è un grande artista e un grande uomo – prosegue Fasolis a proposito della Griselda – che capisce bene gli esseri umani. Il suo rapporto con il sesso femminile da ‘paterno’ a ‘fraterno’ lo ha visto transitare in un’epoca in cui la ‘donna’ era sopraffatta, abusata e sfruttata come oggi ancora. Come lui abbia trasferito in musica tutto questo è mirabile e segno di un’avanzata sensibilità». * (In alto La Griselda, Fondazione Teatro La Fenice, photocredit ©Michele Crosera, in basso Diego Fasolis, photocredit ©Daniel Vass)