Apre L’84° Festival del Maggio Musicale Fiorentino: il direttore principale Daniele Gatti, alla guida del Coro e dell’Orchestra del Maggio, sale sul podio il 12 aprile con l’opera inaugurale “Orphée et Euridice” di Christoph Willibald Gluck, che per la prima volta arriva al Maggio nella versione francese. La regia del nuovo allestimento è di Pierre Audi, scene e luci sono firmate da Jean Kalman, i costumi da Haider Ackermann, i video sono di Gilbert Nouno, la coreografia di Arno Schuitemaker, il maestro del Coro è Lorenzo Fratini. Protagonisti sul palco sono il celebre soprano austriaco Anna Prohaska che interpreta Euridice, l’argentino Juan Francisco Gatell, tenore tra i più apprezzati degli ultimi anni, nel ruolo di Orphée (parte sostenuta da Michele Angelini nella recita del 13 aprile) e il soprano catalano Sara Blanch, Amore. È dunque un opera che narra la celebre storia di Orfeo ed Euridice (in una versione con lieto fine) ad aprire l’edizione 2022 del Maggio Musicale Fiorentino, posta sotto il segno della Mitologia, dell’Amore e della fabula, emblematico fil rouge che si dipanerà lungo i tre mesi di programmazione del festival. Il maestro Daniele Gatti, direttore principale del Maggio, dirigerà per la prima volta il capolavoro di Christoph Willibald Gluck, l’opera simbolo della riforma del melodramma. Era il 5 ottobre del 1762 quando l’Orfeo ed Euridice del compositore tedesco, su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, venne messo in scena per al prima volta al Burgtheater di Vienna. Una data cruciale nella storia dell’opera, che segnò un punto di svolta, con i due autori decisi a riportare la musica “al suo vero ufficio di servire la poesia”, dopo decenni in cui il modello metastasiano dell’opera seria era stato logorate da ripetizioni meccaniche e da un eccesso di virtuosismi canori, in cui le arie con da capo erano diventate il terreno prediletto di castrati e primedonne per sfogare acrobazie vocali d’ogni sorta in barba alle naturali esigenze del dramma. Nell’Orfeo tutto è infatti improntato a un nuovo clima di chiarezza, razionalità ed equilibrio grazie anche a un libretto articolato in lunghe scene animate da versi sciolti e lirici in luogo dell’inveterato binomio recitativo-aria con da capo. Dodici anni dopo, Gluck rimise mano alla partitura e presentò una seconda versione dell’opera, in francese, sulle scene di Parigi: Orphée et Euridice su libretto di Pierre-Louis Moline, che debuttò il 2 agosto 1774 all’Académie Royale de Musique. Anche se nell’Orphée è mantenuto in linea di massima l’impianto originario, vi sono tuttavia alcune aggiunte e trasformazioni significative pensate per compiacere il pubblico francese: dalla modifica del ruolo vocale del protagonista, che nella versione viennese era affidato a un castrato, mentre nell’Orphée venne trascritto per haute-contre, una voce tenorile particolarmente chiara e di ampia estensione nel registro acuto che vantava in Francia una lunga tradizione, all’inserimento di brani ballabili, imprescindibili nel teatro musicale francese. Sottolinea Daniele Gatti: “La versione francese di Orphée a Firenze non è mai stata eseguita … rispetto alla versione italiana (presentata al Maggio per la prima volta nel giugno del 1976 diretta da Riccardo Muti per la regia di Luca Ronconi, n.d.r.) ha un testo che ritengo più intrigante e vorrei dire anche aulico e per me, più abituato a un repertorio verdiano o a Wagner, rappresenta una sfida molto stimolante affrontare Gluck. In questa edizione non useremo strumenti originali né prassi barocche ma ci avvicineremo il più possibile allo spirito della metà del Settecento e soprattutto alla volontà di Gluck il quale nella sua rivisitazione dell’opera, dalla prima a questa versione, la arricchisce nella strumentazione allineandola molto con il gusto francese dell’epoca, modernizzandola.” Al debutto sia al Maggio Fiorentino che con il titolo, il regista Pierre Audi ha commentato “Orphée et Euridice di Gluck è uno dei grandi capolavori del repertorio operistico, ispirato da una delle storie più misteriose e crudeli della mitologia greca: si tratta di un’opera molto più complessa di quanto si pensi. L’opera di Gluck si conclude con Amore che libera Orphée dal suo tormento e riporta in vita Euridice, suggerendo che l’Amore è una forza che perdona, nonostante tutto. [..] Nel XXI secolo è difficile accettare una lettura drammatica così lineare e semplicistica ma, esaminando da vicino testo e partitura, possiamo vedere emergere dietro le parole e la musica un thriller psicologico molto più sofisticato di quanto si pensi e una fine molto meno lieta del previsto. L’opera è incentrata su un potente trio d’amore: Orphée, Amore ed Euridice. Chi è Amore? Nell’opera è una seducente voce libera – uno spirito libero – che è chiaramente un’alternativa alla personalità terrena e possessiva di Euridice. […] Nella mia produzione siamo andati a ritrarre tre esseri umani complessi, un tempo incatenati tra loro, in un viaggio alla scoperta di sé stessi; un viaggio che li libererà da quelle catene. L’esito dell’opera di Gluck è davvero felice perché la libertà che trovano alla fine è stata conquistata attraverso la lotta e l’accettazione reciproca, e non attraverso il possesso reciproco. I miti sono importanti perché ci aiutano a comprendere la nostra condizione umana e la nostra lotta con il Fato e il mistero della Morte.”
* (Anna Prohaska, photo ©Harald Hoffmann, Daniele Gatti photo ©Anne Dokter)