La nostra playlist per Carnevale include una varietà di pezzi musicali che datano dai primi anni del Seicento allo scoccare del ‘900; i brani che abbiamo scelto sono per la maggior parte direttamente legati alla festa, ma ne abbiamo aggiunto anche qualchun’altro perfetto per l’atmosfera gaia e allegra del periodo.

Adriano Banchieri (Bologna 1568 – 1634)
Dal Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena op. 18: Capricciata e Contrappunto bestiale alla mente (1608)
Adriano Banchieri è stato musicista, compositore, teorico e poeta; nato a Bologna nel 1568, entrò diciannovenne nell’ordine dei monaci Olivetani, dove prese i voti nel 1590. È noto anche con gli pseudonimi di Attabalibba dal Perù, Camillo Scaligeri della Fratta e il Dissonante.
L’attività creativa di Banchieri fu ricchissima e multiforme, principalmente nel campo musicale, con le numerose opere sacre e profane e gli scritti teorici e didattici, ma fu attivo anche in campo letterario. Nella cornice monumentale del monastero di S. Michele in Bosco dove aveva iniziato la sua attività di organista, attorno alla sua figura si sviluppò un autentico centro di cultura e di manifestazioni musicali, che nel 1615 prese forma di istituzione sotto il nome di Accademia dei Floridi (successivamente ricostituita come Accademia dei Filomusi).
Tra le sue numerosissime composizioni sono oggi ricordati specialmente i madrigali drammatici o madrigali rappresentativi, estrosi e spregiudicati, umoristici fino alla caricatura. Si tratta di raccolte di madrigali che, eseguiti uno di seguito all’altro, raccontano una storia, come nel caso del Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena del 1608.
Questa opera vivace e variegata, ricca di locuzioni dialettali e di brillanti effetti timbrici, si contrappone con spirito pungente alla coeva produzione colta. Già dal titolo si evince l’intento parodistico dell’opera: si tratta infatti di una festa di carnevale, in cui i cantori si esibiscono in un vivacissimo susseguirsi di scene, nelle quali compaiono ora personaggi ridicoli, come i danzanti vecchietti chiozzotti o la vanitosa zitella cantatrice, ora improbabili venditori di solfanelli e di fusi che si aggirano nel cuore della notte, o ancora giovani innamorati; l’azione si snoda tra danze e onomatopee di ogni sorta, che trasformano le voci umane di volta in volta in strumenti musicali (come la lira o il biobò cio) o in versi di animali, come nel celeberrimo ed irresistibile Contrappunto bestiale alla mente. In questo brano, dopo un’introduzione «Fa la la» prevalentemente omoritmica i cantori imitano con coinvolgente ilarità le voci di un cane, un gatto, un chiù (l’assiolo).
Athanasius Kircher (Geisa 1602 – Roma 1680)
Tarantella napoletana, Tono hypodorico
Athanasius Kirche, erudito gesuita nativo della Turingia, è stato un eminente rappresentante dell’enciclopedismo seicentesco.
Filologo, scienziato, collezionista, autore di opere di fisica, astronomia, egittologia, musica, era definito “maestro di cento arti” dai suoi contemporanei. Condusse uno dei primissimi studi sui geroglifici egizi, stabilendo il legame corretto tra la lingua egizia antica e il copto, per il quale è stato considerato il fondatore dell’Egittologia. Si dedicò al collezionismo di antichità, scrisse un’opera enciclopedica sulla Cina, studiò vulcani e fossili, e fu tra le prime persone ad osservare i microbi attraverso un microscopio.
Nel 1633 si trasferì a Roma, dove venne chiamato a insegnare matematica, fisica e lingue orientali al Collegio Romano (1638).
Le sue ricche raccolte di reperti di arte classica, orientale e amerindiana costituirono il fondo museale noto come Museo kircheriano e ospitato nel Collegio Romano (1651). Tra le sue opere sono da segnalare almeno l’ Oedipus Aegyptiacus (1652), Mundus subterraneus (1665) e China illustrata (1667).
Athanasius Kircher si interessò anche al fenomeno del tarantismo e alle virtù terapeutiche della musica – da quii la Tarantella ‘in tono hypodorico’ , uno dei modi del canto gregoriano.
Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791)
Musica per una pantomima (1783)
Di Mozart proponiamo un estratto della Pantomima per il carnevale di Vienna del 1783, ispirata alle maschere della Commedia dell’arte; una sorta di divertissement al quale aveva partecipato Mozart stesso, che a detta delle cronache, si divertì moltissimo ad indossare i panni di Arlecchino.
La partitura è stata ricostruita, poiché oggi ci rimane solamente la parte del primo violino, mentre non c’è documentazione per le altre quattro parti previste dal suo organico (un quartetto d’archi con basso continuo).
Niccolò Paganini (Genova 1782 – Nizza 1840)
Il carnevale di Venezia op. 10 (1829)
Variazioni in la maggiore sulla canzone napoletana Oh mamma, mamma cara
Composto nel 1829 e presentato in prima esecuzione allo Stadtheater di Lipsia il 12 ottobre di quell’anno, il Carnevale di Venezia si basa su un semplice tema di canzonetta popolareggiante in 6/8 (Andantino), seguito da ben venti variazioni, tutte nella stessa tonalità e di identico impianto armonico. Le variazioni costituiscono una sorta di compendio di tutti gli aspetti più ardui della tecnica violinistica paganiniana. La composizione è in si bemolle maggiore ma il violino, come numerose altre volte esige Paganini, va accordato un semitono sopra, in modo da suonare in la maggiore e far risaltare più brillantemente la strabiliante tecnica virtuosistica.

Gioacchino Rossini (Pesaro 1792 – Passy, Parigi 1868)
Da La gazza ladra, Ouverture (1817)
La gazza ladra, opera semiseria di Rossini, debuttò alla Scala di Milano il 31 maggio 1817. Il soggetto venne tratto dal dramma La Pie voleuse ou La Servante de Palaiseau (1815) di Théodore Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez.
L’opera, di altissima qualità musicale e un tempo famosissima, oggi viene rappresentata raramente, principalmente per il cospicuo numero di cantanti richiesto; è invece sempre rimasta in auge, nel repertorio sinfonico, la celeberrima e spumeggiante ouverture, immancabile in ogni concerto di Capodanno.
Gaetano Donizetti (Bergamo 1797 – 1848)
Da L’elisir d’amore cavatina di Dulcamara: Udite, udite, o rustici! (1832
L’elisir d’amore debuttò il 12 maggio del 1832 al Teatro della Cannobiana di Milano. Il libretto di Felice Romani deriva da Le Philtre (Il filtro), scritto l’anno prima da Eugène Scribe per Daniel Auber, compositore francese di gran successo.
Donizetti ebbe a disposizione soltanto quattordici giorni per completare l’opera (sette furono quelli accordati al poeta per l’adattamento del libretto) e scrisse un capolavoro. L’elisir e infatti uno degli esempi più alti dell’opera buffa ottocentesca,
un’opera amatissima e stabilmente in cartellone nei teatri di tutto il mondo.
Il brano proposto è naturalmente la famosa cavatina del dottor Dulcamara, ‘medico ambulante’, superbo ciarlatano che magnifica il suo elisir entrando in scena con uno squillo di tromba.: Udite, udite, o rustici!
Robert Schumann (Zwickau 1810 – Endenich 1856)
Faschingschwank aus Wien. Fantasiebilder (Carnevale di Vienna. Quadri fantastici), op. 26 (1839)
La composizione del Carnevale di Vienna iniziò negli ultimi giorni del soggiorno viennese di Schumann (che durò sei mesi, fino all’aprile 1839) e terminò nel 1840 in uno stato intensa ispirazione (“Al galoppo: creato, scritto, stampato; ecco ciò che mi piace”, scrisse lo stesso Schumann).
Anche se scrivendo all’amico Simonin de Sire, Schumann disse di aver concepito il Carnevale di Vienna come una “grosse romantische Sonate” (grande sonata romantica), è lo stesso titolo dell’opera (che richiama esplicitamente il Carnaval del 1835) a chiarirci la sua natura: una serie di straordinarie idee musicali che si susseguono, ora eroiche, ora poetiche in una sorta di scintillante caleidoscopio musicale. Si tratta chiaramente di un nuovo modo di concepire la sonata di derivazione classica, che prende le mosse dal “pezzo di carattere” del quale Schumann aveva già dato straordinarie prove.
Carl Michael Ziehrer (Vienna 1843 – 1922)
Faschingskinder, valzer op. 382
Personalità di spicco della scena musicale della Vienna imperiale, Ziehrer ebbe una lunga carriera (oltre 50 anni), in cui fu spesso in rivalità con i fratelli Strauss. A Vienna con la sua orchestra diede un gran numero di concerti, sovente a scopo benefico, cosa che gli valse la stima della città. L’apice del successo artistico giunse nel 1893 con l’invito ad esibirsi per l’Esposizione Universale di Chicago in rappresentanza dell’Austria. Di ritorno dagli Stati Uniti accettò una serie di impegni a Berlino e con la sua orchestra Konzert Chicagoer-Kapelle si esibì in ben 41 città tedesche, sempre con grande successo di pubblico Nel 1909 l’imperatore Francesco Giuseppe lo nominò direttore dei balli imperiali di corte (K.K. Hofballmusikdirektor), una carica che per decenni era rimasta nelle mani degli Strauss.
Nella nostra lista, Faschingskinder, uno dei più noti tra le centinaia di valzer composti da Ziehrer.
Hector Berlioz (La Côte-Saint-André 1803 – Parigi 1869)
Le Carnaval romain, op. 9 (1844)
Berlioz trasse questa celebre pagina sinfonica dalla sua sfortunata opera Benvenuto Cellini (1838), un insuccesso clamoroso; amareggiato, il compositore volle recuperarne almeno una parte, utilizzando temi tratti dalla scena d’amore tra Cellini e Teresa, e dalla Festa di Carnevale in piazza Colonna (1. E 2. Quadro del I atto).
Il brano, scritto per orchestra sinfonica, è la perfetta messa in pratica dei principi delineati nel trattato di orchestrazione (Traité d’instrumentation et d’orchestration modernes) che Berlioz pubblicò nello stesso 1844. Al tempo stesso è uno degli esempi più rappresentativi dell’esuberanza inventiva e del brillante gusto strumentale del geniale musicista francese: il pezzo inizia con una vivace esplosione sonora, seguito dalla rievocazione del paesaggio della campagna romana; diversi temi si intersecano e si intrecciano fra di loro in un discorso di ampio respiro che assume toni particolarmente coloriti e descrittivi con l’entrata del tamburello, del triangolo e dei piatti. Su questo episodio si innesta un rapido e danzante saltarello, che racchiude la verve ritmica e timbrica dell’ouverture.
Camille Saint-Saëns (Parigi 1835 – Algeri 1921)
Le Carnaval des Animaux (Il carnevale degli animali), 1886
Le carnaval des animaux è uno dei più noti pezzi di Saint-Saëns, scritto in origine come divertissement privato ma poi assurto a popolarità planetaria. Composto per due pianoforti e piccola orchestra, questa ‘grande fantasia zoologica’ era stata pensata per festeggiare il Mardi gras nella cerchia degli amici, e venne infatti eseguita a Parigi il 9 marzo 1886 in casa del violoncellista Charles Lebouc, genero del grande tenore Nourrit; soltanto Liszt, di passaggio a Parigi e su raccomandazione di Pauline Viardot poté assistere a un’esecuzione della fantasia. Saint-Saëns infatti proibì l’esecuzione e la stampa della partitura fino alla sua morte, nel timore che un brano così poco ‘serio’, in cui oltretutto metteva alla berlina colleghi e critici, potesse nuocere alla sua carriera. La composizione venne così pubblicato da Durand subito dopo la morte di Saint-Saëns, ed ebbe la sua prima esecuzione pubblica a Parigi il 26 febbraio 1922 sotto la direzione di Gabriel Pierné.
Il Carnaval, diviso in 14 numeri, ognuno dei quali dipinge musicalmente altrettanti animali antropomorfizzati, piacque subito per la brillantezza della scrittura, piena di verve e di humour, e per la singolarità del soggetto, con quegli animali che erano anche una ironica carrellata di personaggi dell’ambiente musicale parigino.
Per rappresentare le Tartarughe Saint-Saëns ad esempio usa il celebre tema del Can Can di Jacques Offenbach, che è l’ultimo brano proposto dalla nostra lista, (da Orphée aux enfers cita “La, La, la, la, la, partons, marchons” e “Ce bal est original, d’un galop infernal”) ma rallentato in un modo grottesco, accentuato dal banale accompagnamento del pianoforte.
Jaques Offenbach (Colonia 1819 – Parigi 1880)
Da La Périchole Ah! Quel diner… (1868)
La Périchole, opéra bouffe in tre atti di Jacques Offenbach, su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, si rifà alla commedia
Le Carrosse du Saint-Sacramento, di Prosper Mérimée (1829), a sua volta ispirata alle vicende di un personaggio veramente esistito, la celebre attrice, cantante e ballerina peruviana María Micaela Villegas detta la Perricholi (Lima 1748 – 1819), amante di Manuel de Amat y Juniet, viceré del Perù nel periodo 1761-1776. Da Mérimée Jean Renoir trasse un famoso film con Anna Magnani, La carrozza d’oro.
La trama dell’opera, ambientata sullo sfondo esotico del Perù, ha un lieto fine quando la protagonista, dopo varie peripezie, riesce a sposare l’amato Piquillo.
Veramente esilarante e la aria Ah quel diner…, che la Périchole canta in uno stato di deliziosa ebbrezza.
Pietro Mascagni ((Livorno 1863 – Roma 1945)
Da Le Maschere, Tartaglia Quella è una strada… (1901)
Le maschere, un’opera in un prologo e tre atti di Pietro Mascagni su libretto di Luigi Illica, è un omaggio all’opera buffa di Rossini e alla tradizione della commedia dell’arte. L’opera debuttò nel 1901 simultaneamente in sei diverse città italiane, ma non ebbe successo – neanche alla Scala sotto la bacchetta di Toscanini – tranne per la recita al Costanzi di Roma diretta dallo stesso Mascagni. Dopo alcune sporadiche riprese, l’opera è stata dimenticata, ma a volte viene riproposta la divertente aria del baritono balbuziente Tartaglia, ‘Quella è una strada….’
Jaques Offenbach (Colonia 1819 – Parigi 1880)
Da Orphée aux enfers, Galop infernal (1858)
Ancora un opera buffa di Offenbach, rappresentata per la prima volta nel 1858 al Théâtre des Bouffes-Parisiens.
La trama riprende, in chiave comico-satirica, la vicenda mitologica della discesa di Orfeo agli inferi per riportare alla vita l’amata Euridice. Si tratta di un’opera decisamente spettacolare, che costituisce il primo vertice della produzione lirica offenbachiana.
Resa popolarissima dallo scatenato Galop infernal del finale (il tema principale del can-can), Orphée è una delle opere fondamentali del repertorio lirico francese.