Al Teatro Pergolesi di Jesi venerdì 25 novembre 2022 (ore 20.30) debutta in prima mondiale la nuova opera lirica Delitto all’Isola delle capre, tratta dall’omonimo dramma di Ugo Betti, con musica di Marco Taralli e libretto di Emilio Jona. Nuova commissione della Fondazione Pergolesi Spontini, co-prodotta con il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, Delitto all’Isola delle capre sarà replicata domenica 27 novembre (ore 16) sempre a Jesi, e verrà riproposta il 30 novembre (ore 21.15) all’Auditorium Benedetto XIII di Camerino (Macerata), città natale di Ugo Betti. Le due città celebrano così i 130 anni dalla nascita dello scrittore, poeta e giudice marchigiano, tra i più rilevanti drammaturghi italiani del ‘900. La direzione della nuova opera è affidata alla bacchetta di Marco Attura, sul podio del Time Machine Ensemble, Matteo Mazzoni firma la regia, le luci sono di Marco Scattolini, scene e costumi di Josephin Capozzi, vincitrice della II edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda. Nel cast, il mezzosoprano Sofia Janelidze nel ruolo di Agata, i soprani Yuliya Tkachenko in quello della figlia Silvia, e Federica Vinci nella parte della cognata Pia, Andrea Silvestrelli interpreta Angelo, Alessandro Fiocchetti sarà Edoardo. Delitto all’Isola delle capre, scritto nel 1948 e rappresentato per la prima volta a Roma nel 1950, è uno dei capolavori di Ugo Betti, autore oggi quasi dimenticato, eppure drammaturgo tra i più rilevanti del Novecento italiano dopo Pirandello. Il titolo dichiara fin dall’inizio il carattere dell’opera, un autentico giallo, con tanto di omicidio finale. Ma è solo l’apparenza: il vero argomento del dramma è l’intreccio delle eterne passioni umane. “È un vero e proprio noir, una storia senza lieto fine, senza vincitori e soprattutto senza buoni, in cui il dipanarsi degli eventi fa uscire fuori la parte peggiore dell’anima di ognuno”, racconta il compositore Marco Taralli. “È un soggetto che ho nella mente e nel cuore da più di 30 anni – prosegue – Ero ancora studente quando lo lessi per la prima volta, già avevo in mente il Teatro Musicale, e rimasi immediatamente affascinato dal plot del grande magistrato”. “Del testo di Betti – dice il librettista Emilio Jona – mi hanno prima di tutto interessato i suoni: il vento che spazza un’isola deserta, il rumore delle mandibole delle capre che brucano l’erba in prati desolati, lo sbattere di una persiana irraggiungibile al primo piano di una casa in rovina, le voci deformate che provengono da un pozzo che sta al centro della scena e del dramma. Poi le storie e la personalità delle tre donne sole che abitano quel l luogo, la loro insolita sorte di cittadine diventate pastore di capre, il loro radunare in sé qualcosa di arcaico, da tragedia greca e insieme di contemporaneo, sentimenti, comportamenti, rapporti affetti senza tempo”. Al centro della vicenda, un gineceo, composto da una madre dura, amara, di una bellezza un po’ sfiorita, da una figlia con tutti i turbamenti dell’adolescenza, da una cognata quarantenne, piacente e un po’ fatua, in cui irrompe un uomo, dal nome emblematico, Angelo, giovane, sicuro di sé, furbo e prepotente, maschilista e dionisiaco. Viene da lontano, dice di essere stato l’amico dell’uomo che quelle donne ha abbandonato alcuni anni prima, che è morto con molti rimpianti e che gli lasciato un messaggio e un compito, quello di tornare al posto suo tra le tre donne. Con la sua venuta, il suo introdursi nel loro mondo e nelle loro anime, in quella stanza, in quel pozzo anche simbolico, avverranno così fatti che sconvolgeranno la vita di tutti. * (Foto di Stefano Binci)