Gregorio Allegri, musicista, compositore e sacerdote, nacque a Roma da famiglia modesta. Esordì nella musica a nove anni come ‘putto cantore’ nella Schola Cantorum di San Luigi de’ Francesi. Fu poi a Fermo (1619), prima come cantore, poi come maestro di cappella e compositore della Cattedrale. Nel 1629, sotto Urbano VIII, divenne cantore nella Cappella Musicale Pontificia, la celebre Cappella Sistina, dove poté svolgere anche l’attività a lui più congeniale di compositore. Da Papa Innocenzo X ottenne la nomina a direttore pro tempore della Cappella, incarico che mantenne fino alla morte nel 1652.
Gran parte del corpus di opere dell’Allegri era destinato alle funzioni della Sistina, ed era perciò composto nel cosiddetto stile alla Palestrina o stile ‘osservato’: musica colta scritta per coro a cappella, che seguiva i dettami del contrappunto che da Palestrina in poi caratterizzò i musicisti della ‘schola romana’.
Famosissimo divenne il suo Miserere, anche per l’alone di mistero che lo circondava. Secondo la tradizione è ‘ultimo dei dodici Miserere che vennero musicati e cantati nella Cappella Sistina dal 1514. Si tratta di una composizione a nove voci per due cori, uno a cinque e l’altro quattro voci, basata sul salmo 50 della Bibbia, composto probabilmente intorno al 1630. Veniva eseguito nella Cappella Sistina a luci spente durante il mattutino come parte dell‘ufficio delle Tenebre della Settimana Santa. (L’Ufficio delle Tenebre si recita nei tre giorni precedenti la Pasqua, ed è caratterizzato dallo spegnimento delle candele e da un “terremoto” o “strepitus”, un momento alla fine dell’ufficio in cui nella totale oscurità si battono i banchi con i libri o con le mani, producendo appunto uno strepito.)
La notazione della partitura originale, per come è stato possibile ricostruirla, era piuttosto semplice, con una melodia abbastanza lineare, ma intensa e drammatica. Agli esecutori stava poi dare ampiezza e respiro a quella base – infatti secondo la prassi dell’epoca gli abbellimenti non venivano scritti, ma erano lasciati alle abilità e all’improvvisazione dei singoli, o come in questo caso, agli usi e alla tradizione della cappella musicale, che li tramandava da un cantore all’altro.
Andrea Adami da Bolsena (1663 – 1742), cantore della Sistina e autore delle Osservazioni per ben regolare il coro dei cantori della Cappella Pontificia (Roma 1711), così giudicò il brano: “Merita lode eterna Gregorio Allegri che ha compiuto il Miserere con poche note, ma sì ben modulate e meglio intese… che rapisce l’animo di chi l’ascolta”.
Il fascino e la suggestione magnetica che il Miserere dell’Allegri suscitava, dipendeva dall’arte del compositore tanto quanto dalla straordinaria esecuzione, ricchissima di variazioni, diminuzioni, cadenze ed effetti espressivi. Il brano risultò tanto straordinario che il Papa per preservarne l’unicità, proibì di farne copie o trascrizioni sotto pena di scomunica.
L’aura che ne derivò, unitamente alla magnificenza delle cerimonie pontificie, alla ricchezza pittorica e all’unicità della cappella più famosa al mondo, divenne un magnete irresistibile per tutti i viaggiatori del Grand Tour, che nel programmare le tappe del loro viaggio in Italia e il soggiorno a Roma, si premuravano di giungervi in tempo per assistere alle celebrazioni della Settimana Santa. Non fece eccezione il giovane Mozart, in Italia con il padre Leopold per il primo dei suoi tre viaggi nel Belpaese (dicembre 1769 – marzo 1771).
Il quattordicenne Wolferl ascoltò il famoso Miserere l’11 aprile del 1770 durante l’ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo. Il giorno dopo lo trascrisse interamente a memoria, ritornando nella Cappella Sistina il 13 aprile, per ascoltarlo nuovamente e poter fare piccole correzioni.
In una lettera datata 14 aprile 1770, Leopold Mozart scrive alla moglie Anna Maria Pertl ”A Roma si sente spesso parlare del famoso Miserere, tenuto in tanta considerazione che ai musicisti della cappella è stato proibito, sotto minaccia di scomunica, di portarne fuori anche una sola parte, copiarlo o darlo a chicchessia. Noi però l’abbiamo già, Wolfgang l’ha trascritto a memoria, e, se non fosse necessaria la nostra presenza al momento dell’esecuzione, noi l’avremmo già inviato a Salisburgo. Infatti la maniera di eseguirla conta più della composizione stessa, e quindi provvederemo noi stessi a portarla a casa.” Rassicurò quindi la moglie in ansia: “ Tutta Roma e persino il Papa stesso sa che l’ha trascritto. Non c’è assolutamente niente da temere, al contrario, l’impresa gli ha fruttato un grande credito”.
Mozart infatti non venne scomunicato, anzi. Di lì a qualche mese, il 5 luglio, Papa Clemente XIV gli conferì l’Ordine dello Speron d’oro, ordine cavalleresco pontificio. Il padre Leopold aveva visto giusto, e la sua lettera tra l’altro conferma l’effettiva importanza della ‘maniera di eseguire’ il celebre Miserere.
La minaccia della scomunica cadde, il brano venne pubblicato nel 1771 a Londra da Charles Burney (1726 – 1814), il celebre storico della musica e compositore inglese, ma il Miserere non cessò di suscitare entusiasmi, curiosità ed emozioni, soprattutto tra i viaggiatori tedeschi e francesi.
Lo cita Goethe nella sua Italienische Reise (Viaggio in Italia, 1816): “Le musiche della Cappella sono d’una bellezza indicibile: soprattutto il Miserere dell’Allegri. . . “ . Gli fa eco Madame De Stael: “Una musica santa, che induce alla rinuncia di tutte le cose terrene. Un verso risuona come una musica celeste …” , il filosofo Friedrich Heinrich Jacobi ne fu scosso totalmente: “La terra mi tremava sotto i piedi e per la prima volta nella mia vita ho invidiato il Papa e i cardinali che se ne stavano tranquilli. Mi sarei buttato a terra per sfogarmi a piangere e lamentarmi. Mai altro canto m’ha fatto tanta impressione. Celeste dev’essere l’anima dell’uomo che l’ha trovato”. Lo scrittore Wilhelm Heinse, autore dell’Ardinghello(1787), romanzo epistolare ambientato nell’Italia del Cinquecento, ascoltò il Miserere per due volte e la commozione fu tale che si accasciò in lacrime, ci fu chi non dormì per due notti, tanto la musica di Allegri gli risuonava nell’anima, e chi, lapidario, definì il brano “una creazione della Verità”. L’esaltazione dei Romantici non conosceva limiti.
Qualche tempo prima, Pietro Metastasio, il grande poeta dell’opera settecentesca, dichiarò di essere stato “rapito in estasi” ascoltando il Miserere eseguito dai cantori della Cappella Sistina, mentre si era annoiato riascoltandolo a Vienna, seppure cantato da “musici e eccellentissimi”, che però non potevano competere con la brillante tradizione interpretativa della cappella romana. L’accuratezza dell’esecuzione era infatti un requisito imprescindibile affinché il Miserere suscitasse così tanto effetto. I cantori del Papa, musicisti eccelsi ed espertissimi, eseguivano variazioni stupefacenti, fermate e trilli, accrescevano la drammaticità e l’intensità del pezzo con controcanti e pause. Il talento si univa alla potenza e alla bellezza delle voci di questi cantanti, Castrati come era d’uso anche sui palcoscenici del teatro d’opera, accresciuto dal contesto delle cerimonie e del luogo.
Nel 1840 il sacerdote e musicologo romano Pietro Alfieri (1801 -1868) pubblicò un’edizione del Miserere di Allegri che comprendeva anche l’ornamentazione, con l’intento di preservare e tramandare la prassi esecutiva della Cappella Sistina.
Il Miserere di Allegri venne eseguito nella Cappella Sistina fino al 1870. Sospesa per 141 anni, la composizione è stata nuovamente eseguita solo nel marzo del 2011 nella basilica di Santa Sabina sull’Aventino, per la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri alla presenza del papa Benedetto XVI.
Nel 2015 il brano è stato registrato nella Cappella Sistina dalla Deutsche Grammophon e pubblicato nel cd Cantate Domino. La Cappella Sistina e la musica dei Papi.