Vediamo in dettaglio alcune notizie, curiosità e aneddoti.
Nato in una famiglia di musicisti, il piccolo Giovanni mostrò precocemente grandi doti musicali. Iniziò gli studi all’età di cinque anni, prima con il padre Pietro, apprezzato clarinettista e anche compositore, proseguendo poi con l’abate Carlo Cogliati, primo violino della Cappella musicale del Duomo di Crema e organizzatore della locale vita musicale. Con lui Imparò a suonare il violino e la viola, e debuttò come solista all’età di sette anni nel teatro della sua città.
- Al Conservatorio di Milano – una celebre battuta
Nel 1835, su consiglio del suo insegnante, il ragazzo, non ancora quattordicenne, tentò l’ammissione al Conservatorio di Milano per un posto in convitto, dotato di borsa di studio. Avrebbe voluto continuare lo studio del violino, ma i posti a concorso quell’anno erano solo per il fagotto e contrabbasso, così il giovanissimo musicista nel giro di poche settimane si preparò all’audizione per la classe di Luigi Rossi, celebre professore di contrabbasso.
Avendo avuto pochissima esperienza con lo strumento, all’esame di ammissione ebbe qualche difficoltà. Rendendosene conto, apostrofò i suoi esaminatori con una battuta diventata celebre:
“Sento o Signori, di stonare, ma quando saprò dove posare le dita, allora non stonerò più!”
Riconoscendo le doti musicali del ragazzo, la commissione gli assegnò comunque il posto, e Bottesini fece rapidi progressi, diventando uno dei migliori studenti, tanto da completare il corso di studi in soli quattro anni anziché nei sei previsti dal regolamento del Conservatorio. Insieme al diploma, conseguito nel 1839, gli venne assegnato anche un premio in denaro per la sua straordinaria performance da solista.
- Il contrabbasso Testore – uno strumento ‘leggendario’
Bottesini investì parte del premio conferitogli dal Conservatorio nell’acquisto di uno strumento: un contrabbasso del 1716, costruito dal liutaio Carlo Antonio Testore (Milano 1688 – 1764), e scoperto, come riferito dallo stesso musicista, nel ripostiglio di un teatro di marionette milanese. Lo strumento, oggi parte di una collezione privata giapponese, divenne famoso insieme al suo suonatore, e iniziarono a fiorire aneddoti e leggende. La più fantasiosa narra che quel contrabbasso venne ricavato dal legno dell’albero sotto il quale Siddharta Gautama, il Buddha, trovò l’illuminazione, mentre il ponticello sarebbe stato lavorato da un frammento del legno della Vera Croce. Bottesini avrebbe addirittura ingaggiato dei portatori per assicurarsi che il prezioso contrabbasso fosse sempre vicino a lui.
- Uno straordinario virtuoso – ‘il Paganini del contrabbasso’
L’ascesa di Bottesini a virtuoso di fama internazionale iniziò fin dal 1840, a un solo anno dal conseguimento del diploma, con una trionfale esibizione al Teatro Comunale di Crema, sua città natale. Nello stesso anno tenne concerti da solista a Trieste, Brescia, alla Scala di Milano e infine a Vienna, dove persino il temuto critico Eduard Hanslick, che non amava i virtuosismi e non nutriva grandi simpatie per il ’gusto italiano’, gli riservò parole di elogio.
Nella vita musicale dell’Ottocento, i virtuosi itineranti ebbero un ruolo che per molti versi assomiglia a quello delle pop star di oggi, come testimoniano ad esempio le vite leggendarie di Paganini e Liszt. Scatenavano i primi fenomeni di divismo, ed erano seguitissimi non solo dalla critica e dalla stampa di settore, ma anche dalle Gazzette e dai giornali che oggi definiremmo di gossip.
Bottesini strabiliava il pubblico con quell’enorme strumento, il contrabbasso, sconosciuto ai più nei suoi esiti solistici.
Dotato di un’assoluta sicurezza tecnica che gli permetteva di superare le più grandi difficoltà, faceva cantare il contrabbasso ‘con sentimento delicatissimo’, lo suonava,‘con leggerezza e grazia’, tali da poter ‘gareggiare, senza esser vinto, con i violinisti più abili’ (François Fetis, fondatore della Revue musicale) come ci dicono le critiche del tempo. Dal suo contrabbasso (lo strumento del liutaio Testore rimase sempre il suo preferito) ricavava sonorità ineffabili, suoni sublimi e quasi paradisiaci a detta dei suoi contemporanei, che lo definirono ‘il Paganini del contrabbasso’.
- Una esemplare carriera internazionale: virtuoso, direttore d’orchestra e compositore
A seguito di una tournée effettuata assieme all’ex compagno di conservatorio Luigi Arditi, violinista, i due musicisti furono scritturati per il Teatro Tacón dell’Avana. Bottesini ottenne il posto di primo contrabbasso ed esordì come direttore d’orchestra e compositore d’opera con Cristoforo Colombo (1847), che diresse personalmente. Durante l’intervallo entrò in scena con il suo contrabbasso e improvvisò da par suo sui temi dell’opera – un colpo di teatro accolto entusiasticamente dal pubblico, e che in seguito diventerà una sua peculiarità. L’artista venticinquenne era già diventato una star, come testimonia l’inviato della Gazzetta Musicale di Milano riportandone i successi: “Se l’impresario del Teatro dell’Avana voleva il tutto esaurito, gli era sufficiente annunciare un concerto di Bottesini” (23 settembre 1847).
Da quel momento in poi, Bottesini fu quasi costantemente in movimento, spostandosi da un paese all’altro fra America ed Europa. Seppe sfruttare i rapidi progressi nel sistema dei trasporti, che sempre più consentivano viaggi relativamente veloci, sicuri e confortevoli. Le reti ferroviarie si stavano notevolmente ampliando sia in Europa che in Nord America, e sul finire degli anni trenta dell’Ottocento diverse compagnie di navigazione iniziarono ad offrire regolari collegamenti sulle rotte transatlantiche.
Nel 1849 lasciò per qualche tempo il Nuovo Mondo per l’Inghilterra, dove si esibì in luoghi prestigiosi come il Royal Drury Lane di Londra, e fu direttore dei celebri concerti di Buckingham e Birmingham. Nei cinque anni successivi, il Maestro era continuamente in viaggio, facendo la spola tra l’Europa e il continente americano, tanto che è quasi impossibile seguirne le tracce. Si recò negli Stati Uniti, suonando a New Orleans e a New York (vi fu nominato membro onorario della Philarmonic Society). Lo troviamo poi a Città del Messico, dove diede un contributo fondamentale alla fondazione del primo Conservatorio della capitale, e su incarico del governo il 15 settembre 1854 diresse la prima esecuzione dell’inno nazionale di Francisco González Bocanegra e Jaime Nunó, cantato dal tenore italiano Lorenzo Salvi.
Nel 1855 Bottesini è nuovamente in Francia, all’Esposizione Universale di Parigi, dove ebbe, insieme a Berlioz, la direzione di un’orchestra internazionale, costituita appositamente per l’evento. Assunse poi un altro prestigioso incarico, la direzione del Théatre des Italiens, che manterrà fino al 1857. La vasta attività di Bottesini come virtuoso, direttore d’orchestra e compositore fu seguita con grande interesse nella capitale francese: la Revue et Gazette Musicale de Paris gli dedicò ben 29 articoli solo nell’anno 1856. Si esibì al Palazzo delle Tuileries davanti a Napoleone III, e fu invitato a tenere un concerto in una delle più prestigiose sedi musicali parigine, la Salle du Conservatoire.
Bottesini raccolse successi in Russia (1856, San Pietroburgo), in Italia (dal 1861 al 1863, Teatro Bellini a Palermo), in Spagna (1863, Teatro di Barcellona; 1866, concerti del Buen Retiro a Madrid) e in Portogallo. Si esibì in quasi tutte le maggiori città della Germania, toccando più volte l’elegante cittadina di Baden-Baden, all’epoca una delle località termali più chic d’Europa, ritrovo dell’alta borghesia europea e vivace centro di vita musicale.
Intraprese una tournée in Scandinavia, con tappe in Danimarca, Svezia e Norvegia, e un’altra nel 1869 attaverso la Francia, come direttore e concertista, insieme al violinista Henri Vieuxtemps.
In quegli anni Bottesini raggiunse il massimo della fama e del successo non solo come concertista, come virtuoso, per usare un termine dell’epoca, ma anche in qualità di direttore d’orchestra, al tempo una professione relativamente nuova, con compiti non ancora così altamente specializzati come d’uso oggi.
Il riscontro che Bottesini ottenne come ‘direttore itinerante’ è dovuto principalmente alla sua versatilità musicale, alla flessibilità di fronte a esigenze e situazioni che potevano variare molto da un teatro all’altro e da una nazione all’altra. Un ruolo importante lo giocava anche la familiarità a tutto tondo con il mondo musicale e con i gusti del pubblico, e la capacità di interagire, a volte in tempi stretti, con compagini artistiche anche molto differenti. Era questa una qualità fondamentale in un’epoca nella quale il lavoro continuativo con lo stesso ensemble costituiva un’eccezione, e in cui non esisteva uno standard consolidato di opere di repertorio al modo odierno – i cartelloni proposti soprattutto dai teatri maggiori, al contrario di oggi, erano improntati alla presentazione di opere e composizioni sempre nuove. Il direttore era quindi quasi sempre anche un compositore, in grado di scrivere nuovi pezzi e di adattarne l’esecuzione di volta in volta al contesto concreto.
Bottesini infatti oltre che virtuoso e direttore d’orchestra, fu anche compositore. Scrisse numerosi pezzi per il suo strumento (molti di questi brani sono ancora oggi presenti nel repertorio dei contrabbassisti), duetti strumentali, concerti per contrabbasso e orchestra, musica d’ispirazione religiosa, composizioni sinfoniche e da camera. Tra i suoi lavori teatrali, Ero e Leandro su libretto di Arrigo Boito è l’opera più significativa e di maggior successo (prima esecuzione Torino Teatro Regio 1879); degna di menzione anche Marion Delorme, da Victor Hugo, su libretto di un altro autore verdiano, Antonio Ghislanzoni (Palermo Teatro Bellini, 1862).
- Direttore dell’Opera Chediviale del Cairo – la ‘prima’ dell’Aida
Dopo un breve periodo trascorso a Londra, Bottesini, grazie all’interessamento di Verdi, nel maggio del 1871 venne chiamato al Cairo per assumere la direzione del Teatro Chediviale, o Reale Teatro dell’Opera, posizione che tenne fino al 1877, risultando così l’incarico più duraturo nella carriera dell’artista.
L’Egitto, all’epoca sotto il dominio ottomano, era governato dal Chedivè (Viceré) Ismāʿīl Pascià (Il Cairo 1830 – Istanbul 1895), che aveva ricevuto un’educazione di impronta europea a Parigi. Per celebrare l’apertura del Canale di Suez, insieme ad altre opere commissionò anche la costruzione di un teatro di prosa e di un teatro dell’opera, il primo eretto sul continente africano. L’edificio fu progettato dall’architetto livornese Pietro Avoscani (Livorno 1816 – Alessandria d’Egitto 1891), che lo completò in soli sei mesi. Inaugurato nel novembre 1869 con il Rigoletto di Verdi, aveva una capienza di ca. 850 posti, ed era stato realizzato prevalentemente in legno (circostanza che purtroppo ne causò la distruzione nel devastante incendio del 28 ottobre 1971).
Per le solennità in occasione dell‘apertura di Suez il viceré egiziano aveva chiesto a Verdi la composizione di un Inno, ma il compositore rifiutò con la motivazione che non scriveva musica d’occasione. Dopo vari contatti infine accettò l’invito a comporre un’opera a tema egizio per il nuovo teatro. Nacque così l’Aida, dal soggetto dell’egittologo francese Auguste Mariette, su libretto di Antonio Ghislanzoni. Mariette disegnò anche i costumi e le scene, che furono realizzati dalle maestranze dell’Opéra di Parigi. Fu proprio per questa ragione che si dovette ritardare la prima della nuova opera: nel luglio del 1870 era scoppiata la guerra franco-prussiana, e Parigi, sotto l’assedio dalle forze nemiche, era inaccessibile.
Finalmente il 24 dicembre del 1871 l’Aida debuttò sotto la bacchetta di Bottesini.
Bottesini e Verdi avevano stretto una duratura amicizia molti anni prima, vividamente documentata da un ampio carteggio. Bottesini conosceva molto bene la poetica e gli obiettivi estetici di Verdi, che discusse molti dettagli della produzione nella sua corrispondenza con l’amico. Bottesini poté così realizzare senza difficoltà le idee del compositore sulla messa in scena dell’Aida.
Il 17 ottobre del 1871 Verdi gli scrisse: “Carissimo Bottesini! Ti sono ben grato di avermi dato notizie delle prime prove d’Aida e spero, che me ne darai altre quando sarai in orchestra, e più mi darai anche notizie esatte, sincere, vere, dell’esito della prima sera […].”
Come sappiamo, fu un trionfo e Aida è tuttora una delle opere più eseguite al mondo.
Quanto a Bottesini, rimase al Cairo fino al 1878, quando il teatro dovette infine chiudere a causa delle finanze da tempo in crisi del Vicereame egiziano.
Epilogo – Direttore del Conservatorio di Parma
Chiusa l’esperienza al Cairo, Bottesini, pur avvicinandosi alla sessantina, riprese senza indugi la sua carriera di virtuoso e direttore d’orchestra itinerante: nel 1879 attraversò nuovamente l’Atlantico per compiere un lungo tour in Sud America. Si presentò a Buenos Aires, a Montevideo, a Rio de Janeiro (al tempo ancora capitale del Brasile), dove suonò per l’imperatore Dom Pedro II. Fu soltanto nel corso degli anni ottanta che iniziò a ridurre i suoi viaggi e a trattenersi più spesso in Italia.
Fu nuovamente Verdi a esercitare la sua influenza in favore dell’amico, e su sua proposta Bottesini venne nominato direttore del Regio Conservatorio di Parma nel 1888.
Prima che si potessero vedere i risultati dei nuovi metodi di insegnamento che aveva introdotto, il musicista morì dopo una breve malattia nel luglio dell’anno successivo.
Il suo Metodo per contrabbasso, pubblicato da Ricordi nel 1869, e dall’editore Escudier in versione francese nel 1872, è ancora oggi studiato dai contrabbassisti.
Nel corso della sua vita, Bottesini ricevette numerose onorificenze, in particolare iscrizioni onorarie a molte Associazioni e Accademie musicali in tutto il mondo; tra le più importanti la medaglia d’argento del Conservatorio di Parigi. Fu insignito anche di diversi ordini e decorazioni, tra cui l’Ordine della Corona d’Italia, la Medjedie turca, l’Ordine di San Jago de Portugal, gli Ordini di Isabella la Cattolica e di Carlo III di Spagna.
