È un’inaugurazione di grande interesse quella dell’Opera Carlo Felice di Genova, che venerdì 28 ottobre apre la Stagione Lirica 2022-23 con Béatrice et Bénédict di Berlioz in prima assoluta per l’Italia. Il lavoro del compositore francese, opéra-comique ispirata alla commedia shakespeariana Much Ado about Nothing (Molto rumore per nulla) approda per la prima volta sulle scene del Belpaese – dove peraltro è ambientata- a ben 160 anni dal debutto avvenuto nell’agosto 1862, colmando un vuoto nella programmazione, come sottolineato dal Sovrintendente Claudio Orazi e dal direttore artistico Pierangelo Conte. Le sei recite di Béatrice et Bénédict al Lirico genovese (dopo la prima del 28, repliche nei giorni 29 e 30 ottobre e 4, 5, 6 novembre) presentano un nuovo allestimento mai visto dal vivo, realizzato dall’Opéra de Lyon in collaborazione con il Carlo Felice nel dicembre 2020 e mai andato in scena col pubblico ma solo ripreso in video a causa della pandemia. A salire sul podio sarà il M° Donato Renzetti, direttore emerito dell’Opera Carlo Felice, che raggiunge con Béatrice et Bénédict il record dei 100 titoli in repertorio. La regia della produzione è firmata da Damiano Michieletto, con le scene curate da Paolo Fantin – fresco di nomina per gli Opera Awards 2022 – i costumi di Agostino Cavalca, la coreografia di Chiara Vecchi e le luci di Alessandro Carletti. Il cast è composto da Nicola Ulivieri (Don Pedro), Yoann Dubruque (Claudio), Julien Behr che si alterna con Giorgio Misseri nel ruolo di Bénédict, Gérald Robert-Tissot (Léonato), Benedetta Torre con Francesca Benitez impegnata nel ruolo di Héro, Cecilia Molinari che con Sofia Koberidze interpreta Béatrice, Eve-Maud Hubeaux che insieme a Gaia Petrone impersona il ruolo di Ursule e Ivan Thirion nei panni di Somarone. * Hector Berlioz (La Côte-Saint-André 1893 – Parigi 1869) compose Béatrice et Bénédict espressamente per l’inaugurazione del nuovo Teatro di Baden-Baden, elegante cittadina termale della Germania meridionale e luogo di villeggiatura dell’aristocrazia e dell’alta società internazionale dell’epoca, tanto da essere soprannominata “la capitale estiva d’Europa”. Il compositore a partire dal 1853 si era recato più volte nell’amena località, incaricato della direzione dei festival musicali estivi. Fu Berlioz stesso a salire sul podio per la prima assoluta di Béatrice et Bénédict, il 9 agosto 1862, avvalendosi di un cast di prim’ordine: i due ruoli eponimi furono creati da due star dell’Opéra di Parigi, Anne Charton-Demeur e Achille-Félix Montaubry. La serata, alla quale assistettero tra gli altri Georges Bizet e Charles Gounod, ebbe grande successo. L’opera venne poi ripresa in una versione tedesca a Weimar l’anno seguente, sempre diretta da Berlioz, che fu “travolto da ogni sorta di cortese attenzione”, come annotò nelle sue memorie. La prima rappresentazione in Francia ebbe luogo solo molti anni dopo, nel giugno 1890 al Théâtre de l’Odéon di Parigi. Pur non essendo mai entrata stabilmente in repertorio, a partire dagli anni 2000 sono state messe in scena diverse nuove produzioni di Béatrice et Bénédict, sia in Europa che negli Stati Uniti. Ispirata molto liberamente e con ampi tagli alla commedia di William Shakespeare Much Ado about Nothing (Molto rumore per nulla), Béatrice et Bénédict è composta su libretto redatto dallo stesso compositore, e alterna parti cantate ai dialoghi parlati, come è tipico dell’opéra-comique. Il lavoro, dall’atmosfera gaia e leggera, è pensato come occasione di divertimento e di piacere puramente giocoso, in sintonia con il contesto per il quale fu scritto. L’esile trama ruota attorno a schermaglie amorose e inganni che conducono a un finale dove trionfa l’amore, toccando corde ora sentimentali, ora grottesche. La debolezza dell’azione teatrale è ampiamente compensata dalla leggerezza e delicatezza della musica, che veste “emozioni e sentimenti allo stato nascente, puro […] reazioni che emergono con immediatezza e ricchezza di immagini dentro alla variegata stilizzazione del canto, organicamente distribuito nella sapiente architettura dei pezzi chiusi, e attraverso la cristallina lucentezza della strumentazione, tanto cesellata fino alle più sottili sfumature (già a partire dalla sfavillante ouverture, che introduce nel clima rapido e brillante dell’opera senza svelarne troppo palesemente la tematica) quanto infarcita di geniali invenzioni e trovate (nei coloriti insiemi, nella ripresa di una siciliana quasi surreale come entr’acte centrale). Tutto in quest’opera fa pensare a un progetto sfuggente nella sua stessa esilità drammatica, frutto di un’intuizione misteriosa e affascinante, che reagisce alla nevrosi della modernità con le armi fatate della leggerezza.” (Sergio Sablich)