Balletto amatissimo e spettacolo natalizio tra i più attesi, Lo Schiaccianoci, capolavoro di Čajkovskij, dal 16 al 23 dicembre 2022 torna al Teatro Massimo di Palermo, dove sarà proposto in una nuovissima versione: Jean-Sébastien Colau (da poco direttore del Ballo palermitano) e Vincenzo Veneruso, autori delle coreografie, hanno infatti immaginato una originale trasposizione “siciliana” per la nuova produzione del Massimo, ambientando a Palermo la nota storia dello Schiaccianoci e del re dei topi, musicata da Čajkovskij a partire dalla versione francese che Dumas padre trasse dal racconto del romantico tedesco E.T.A. Hoffmann. Le scene di Renzo Milan, dipinte a mano e realizzate nei laboratori del Massimo, in un gioco di teatro nel teatro evocano squarci celebri della città, mentre i costumi di Cécile Flamand, a tratti coloratissimi e ‘golosi’ sono un inno alla fantasia; completano il nuovo allestimento del Teatro Massimo le luci di Maureen Sizun Vom Dorp. A guidare l’Orchestra e il Coro di voci bianche è il direttore Ido Arad, che ritorna sul podio palermitano dopo il successo dello scorso anno con Romeo e Giulietta di Prokofiev. Maestro del Coro di voci bianche è Salvatore Punturo. A danzare, il Corpo di ballo del Teatro Massimo, e tra loro quattro coppie di solisti che si alterneranno nel ruolo dei due protagonisti, Maria e Dario, nel corso delle repliche: Carla Mammo Zagarella e Alessandro Cascioli, Giorgia Leonardi e Michele Morelli, Martina Pasinotti e Diego Mulone, Linda Messina e Alessandro Casà. La nuova coreografia ideata da Jean-Sébastien Colau e Vincenzo Veneruso riscrive la favola dello Schiaccianoci attualizzandola e ambientandola a Palermo, mantenendo tuttavia intatti i due elementi fondamentali, quello fantastico che caratterizza la storia, e quello edificante – l’attenzione ai meno fortunati – che contraddistingue il genere del “racconto di Natale”, sempre mantenendo la leggerezza della fiaba. Così i personaggi principali non sono più Marie e lo Schiaccianoci, ma Maria e Dario, un povero ambulante palermitano, che vende castagne e frutta secca insieme al fratello Pietro lungo i marciapiedi della città. Sarà Pietro a subire l’incantesimo del Re dei topi, restando intrappolato nel guscio di legno dello Schiaccianoci, impossibilitato a comunicare col mondo, e in questa metafora si rispecchiano l’isolamento – dovuto a problemi e dipendenze, ma spesso volontario – in cui si chiudono molto ragazzi, e la paradossale difficoltà a relazionarsi con gli altri, in un’epoca in cui si è sempre connessi. Nella riscrittura di Colau e Veneruso, l’intreccio di fiaba e tema sociale è sottolineato dal contrasto tra la grande e confortevole casa di Maria e della sua famiglia, dove si celebra un festoso Natale sotto lo scintillante albero, e il mondo esterno dove vive un microcosmo di ragazzi costretti a margini. E anche il Re dei topi (il personaggio del maestro Jean-George) qui non è visto come il cattivo della storia originale, è solo affamato e frustrato e dunque arrabbiato, ma come gli altri personaggi, alla fine avrà la possibilità di riscattarsi. La seconda parte dello spettacolo approda a una dimensione decisamente onirica quando Maria e Dario, sempre in cerca di Pietro, si ritrovano proprio al Teatro Massimo di Palermo, dove il Re dei topi, alias Maestro Jean-Georges, ha il quartier generale, alla direzione del suo “corpo di ballo” formato da topolini costretti a lavorare senza sosta. Ed è nel grande banchetto finale della coreografia che la città di Palermo emerge in pieno, con i dolci più golosi e affascinanti ad affermatne trionfalmente l’identità: le danze, che già nel balletto di Čajkovskij hanno una connotazione culinaria (caffè, cioccolato, tè) sono qui ispirate alla dolcissima e colorata frutta di Martorana, preparata dalle monache del convento di Santa Caterina, alle torte Setteveli, alle cassate e ai cannoli riprodotti nei bellissimi costumi di Cécile Flamand. E alla fine sarà lo stesso Maestro di danza Jean-Georges, sopraffatto da tanta dolcezza e convinto da Maria e Dario, a liberare Pietro dall’incantesimo che lo imprigiona nel guscio dello Schiaccianoci, restituendoli ad un mondo nuovo. Una fiaba festosa, che però invita anche a riflettere.