Ernani, quinta opera di Giuseppe Verdi, dal 16 al 23 marzo 2023 va in scena al Teatro La Fenice di Venezia, dove era stata rappresentata in prima assoluta il 9 marzo 1844, riscuotendo gran successo. Il titolo sarà ora presentato in una nuova produzione realizzata con il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia: la regia è firmata da Andrea Bernard, le scene sono di Alberto Beltrame, i costumi di Elena Beccaro, il light design di Marco Alba; sul podio sale Riccardo Frizza, alla testa dell’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice. Sul palco un cast prestigioso, con i ruoli principali interpretati da Anastasia Bartoli (Elvira), Piero Pretti (Ernani), Michele Pertusi (Don Ruy Gomez de Silva), Ernesto Petti (Don Carlo). Completano la compagnia di canto, Rosanna Lo Greco, Giovanna; Cristiano Olivieri, Don Riccardo; Francesco Milanese, Jago. Il Maestro del è Coro Alfonso Caiani. Ernani, dramma lirico in quattro atti, è tratto dalla pièce ‘Hernani, ou l’Honneur Castillan’ di Victor Hugo (Parigi 1830), quasi un “manifesto” del romanticismo teatrale francese. Prima delle cinque opere che La Fenice commissionò a Verdi, fu il primo ingaggio del compositore in un teatro diverso dalla Scala di Milano, e diede anche occasione all’incontro con il giovane poeta muranese Francesco Maria Piave – estensore del libretto – con il quale Verdi avrebbe instaurato un lungo rapporto lavorativo e di amicizia. L’intricata vicenda, ricca di colpi di scena, si svolge sullo sfondo della Spagna cinquecentesca: Don Giovanni d’Aragona, cui la guerra civile ha sottratto titolo nobiliare e ricchezze, è ora il bandito Ernani; eppure resta fedele al codice d’onore cavalleresco. A capo della congiura contro re Carlo, Ernani ama perdutamente Elvira, già promessa sposa al vecchio zio Don Ruy de Silva, ma desiderata anche dal re: narrazione che tra l’altro offre a Verdi l’occasione di esplorare le qualità espressive di tre tipi di voce maschile: tenore, baritono e basso. Lungo l’eterno conflitto amore vs onore, nell’opera si susseguono duelli, rivolte, mascheramenti e colpi di scena accompagnati dal ritmo incalzante della musica, che inanella cori travolgenti, arie appassionate e concertati emozionanti. L’opera annovera alcune tra le più celebri e più belle arie verdiane, “Ernani, involami”, “Come rugiada al cespite”, “Oh, de’ verd’anni miei”, e trascinanti momenti corali come il famoso “Si ridesti il leon di Castiglia”, che fece furore in anni risorgimentali ed è tutt’ora popolarissimo. «Come in tutte le opere di Verdi, anche in Ernani la dimensione politica è ben radicata e mai secondaria – ha spiegato il regista Andrea Bernard –. Considerando anche il fatto che proprio Ernani costituisce la prima opera commissionata a Verdi dal Teatro La Fenice, per il compositore era
particolarmente importante che il lavoro rappresentasse a pieno i suoi valori e che raggruppasse al suo interno tutti gli aspetti per lui essenziali, da quelli politici fino a quelli più psicologici e intimi, che già qui si possono cominciare ad apprezzare. Questi ultimi sono sicuramente quelli a cui ho
dato più attenzione perché ci avvicinano alla contemporaneità e possono parlare al pubblico di oggi. Gli aspetti che voglio sottolineare emergono attraverso un lavoro attento sui personaggi e le motivazioni che li muovono. Una particolare attenzione è rivolta – come dicevo – a Ernani, alle presenze (reali e mentali) che lo legano al passato, al presente e al futuro. Ho deciso di mantenere un’ambientazione storica, ovviamente attraverso una reinterpretazione contemporanea, per dare maggiore chiarezza all’identità dei personaggi e al contesto storico – anche politico – del loro agire. Dall’altra parte ho però cercato di lavorare sull’attualizzazione dei contenuti: per esempio, il tema dell’onore da questione etica si trasforma in timore del giudizio degli altri, quindi la fedeltà alla parola data è sostituita dalla fedeltà alla propria immagine». «Gli elementi che caratterizzano Ernani rispetto a Nabucco e ai Lombardi non sono determinanti dal punto di vista musicale. Lo sono molto di più quelli legati alla stesura del libretto – ha dichiarato il direttore d’orchestra Riccardo Frizza – vista la volontà di Verdi di essere determinante nelle scelte di Piave per evitare le modifiche che i librettisti erano soliti fare ai drammi originali. Verdi era convinto che un libretto dovesse conservare il carattere originale del dramma. Questa scelta lo differenzia da Rossini e Donizetti, per i quali sia il materiale musicale che quello drammaturgico potevano essere alterabili. Verdi aveva bisogno di innovare. Sentiva la necessità di dare nuova linfa all’opera italiana, escogitando inedite soluzioni drammaturgico-musicali, condensando le tempistiche di sviluppo delle azioni. Nonostante il suo linguaggio musicale fosse ancora molto
imparentato con quelli di Bellini e Donizetti (ma anche di Rossini), alcune scene vengono invece modificate rispetto ai suoi illustri predecessori, sviluppando in maniera diversa i grandi pezzi d’assieme». – (Foto ©Silvestri)