Arriva in prima italiana il 21 gennaio (ore 20.30) al Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia l’ultima produzione di Akram Khan, uno dei maggiori coreografi della scena internazionale: Outwitting the Devil, ispirato a un frammento dell’Epopea di Gilgamesh. L’acclamato coreografo anglo-bengalese con la sua Akram Khan Company basata a Londra porta in scena uno straordinario ensemble di danzatori, sei quelli selezionati per Outwitting the Devil, spettacolo che ha debuttato nel luglio 2019 ed è attualmente in tour. La pièce si avvale della drammaturgia di Ruth Little, luci di Aideen Malone, visual design di Tom Scutt, musiche originali e sound design di Vincenzo Lamagna, costumi di Kimie Nakano, testi di Jordan Tannahill e della voce fuori campo di Dominique Petit. I sei eccezionali danzatori di questa produzione (Mythili Prakash / Pallavi Anand, Luke Jessop, Jasper Narvaez, Louis T. Partridge, Elpida Skourou, François Testory) sono molto differenziati tra loro, per età ed esperienze, e portano sul palco tecniche di danza diverse, da quelle di matrice classica indiana come il Kathak e il Bharatanatyam, alla danza contemporanea, alle tecniche propriamente ballettistiche, in un suggestivo mix. Le creazioni di Akram Khan sono di grande impatto emotivo, con una narrazione intima ed epica insieme. Outwitting the Devil è allo stesso tempo memoria e confessione, un puzzle composto al buio che contiene la storia di chi eravamo un tempo, e che potremmo diventare di nuovo. Ispirato ad un frammento delle dodici tavolette d’argilla che insieme formano uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale, l’antico ciclo epico di origine sumera, L’Epopea di Gilgamesh, Outwitting the Devil è un mito di tutti i tempi, del nostro tempo. Narra la volontà di potenza dell’uomo di ogni tempo che pur di incoronare la propria aspirazione, è disposto a schiacciare chi gli sta vicino, a distruggere il mondo attorno a sé, nella vana ricerca dell’eternità. Outwitting the Devil inizia attorno ad un tavolo, con un’immagine de L’ultima cena (immagine che Akram Khan vide per la prima volta a scuola e da cui rimase molto colpito). O meglio, con la risposta dell’artista australiana Susan Dorothea White all’iconico dipinto di Leonardo da Vinci, la sua opera The First Supper, che ritrae donne di diverse culture attorno ad un tavolo. L’intento dell’artista è sfidare le convenzioni della religione patriarcale. Le scene di Tom Scutt prevedono una grande scatola composta da tanti parallelepipedi di varie misure. Sono ora reliquie di un mondo vegetale distrutto dall’umanità, come accade nel poema sumerico dove la foresta di cedri viene abbattuta perché l’eroe raggiunga il proprio scopo. Ora invece sembrano un luogo di condivisione, quale può apparire la tavola di un banchetto. Ora le vestigia di una città distrutta dal tempo, fra le cui rovine si erge solo un sepolcro destinato a uccidere per sempre la speranza dell’agognata eternità. * (Immagini dello spettacolo di Jean Louis Fernandez)