Come quasi tutte le opere del periodo viennese, la Sonata fu scritta per una sua esecuzione, o più correttamente, per un concerto tenuto da una giovane violinista italiana. Mozart scrisse dell’occasione al padre: “Abbiamo qui la celebre mantovana Strinasacchi, una eccellente violinista. Le sue esecuzioni eccellono tanto per buon gusto che per sentimento”. L’attraente e dotata Strinasacchi ispirò Mozart a qualcosa di più dell’ideazione di un pezzo ‘forte’; la Sonata in si bemolle è una composizione di statura reale, una gemma di un’opera, tanto sorprendente per la sua sostanza musicale quanto per le sue focose felicità strumentali.
Il biografo di Mozart, Alfred Einstein, ha paragonato l’introduzione della Sonata a un Arco Trionfale attraverso il quale si passa per il maestoso Allegro. Nel movimento vero e proprio, come nell’intera Sonata, l’interazione del duo è simile a un concerto nel miglior modo mozartiano, vale a dire che ogni strumento ha una vita propria, la scrittura consente pari quantità di indipendenza e gioiosa compatibilità.
L’Andante è il fulcro della Sonata, raggiungendo una portata e una profondità al di là di quanto anche un pubblico viennese si aspetterebbe – o forse vorrebbe – in una sonata per violino. L’esperto di musica del diciottesimo secolo Cuthbert Girdlestone chiama la chiave della gioia e della serenità di Mozart in si bemolle e i movimenti esteriori della Sonata giustificano pienamente l’osservazione.

Regina Strina Sacchi (Ostiglia, 1762 circa – Dresda, 11 giugno 1839)